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Qui, si trova l’adolescenza di Anguilla e anche chi gli diede il soprannome (che è l’unico nome con cui noi lettori lo conosciamo).
Un bambino che piange in una stalla scoprendo che neanche la capra c’è più e che anche lui dovrà andarsene, imparare un mestiere.
E in mezzo al mestiere scoprirà anche il suo meraviglioso amico Nuto, che ora sappiamo grande e saggio e che vediamo ragazzino altrettanto saggio.
Aveva già allora quegli occhi forati, da gatto, e quando aveva detto una cosa finiva: “Se sbaglio correggimi. Fu così che cominciai a capire che non si parla solamente per parlare per dire “ho fatto questo” “ho fatto quello” “ho mangiato e bevuto”, ma si parla per farsi un idea, per capire come va questo mondo. Non ci avevo mai pensato prima.
Più leggo questo libro più mi incanta la prosa di Pavese, che è pulitissima e sa di poesia, dialetto e modi di dire.
Una prosa popolare da racconto della buona notte.
CAPITOLO XIV:
CAPITOLO XV:
CAPITOLO XVI:
CAPITOLO XVII:
CAPITOLO XVIII:
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